Alberto

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Gratitudine

Ritrovare se stessi è possibile, quando trovi chi ti dà fiducia

“Da giovane non ero come ora”

Si apre così il racconto di Alberto, che è tutto un riconoscere i propri errori riuscendo a trovare sempre le ragioni per quelli degli altri; li perdona, li giustifica; non prova risentimenti, ed è invece pronto a riconoscere i meriti di chi gli ha dato una mano per ritrovare se stesso.

Si autodefinisce “un ragazzo difficile”, uno di quelli che non ascoltano niente e nessuno e, se va male, si affidano a cattive compagnie. Non lui, per fortuna. “Avrei avuto bisogno di un aiuto psicologico, ma a quei tempi le famiglie tendevano a coprire questi problemi, a minimizzarli e tamponavano con interventi palliativi, qualche ansiolitico prescritto dal medico di base”.

La sua famiglia era molto rigorosa e negli anni ’70 – anni di grandi cambiamenti di costume e società – la rigidità sfociava inevitabilmente in conflitto generazionale, in arroccamenti reciproci che, nel suo caso, si traducevano immancabilmente in commenti svalutanti nei suoi confronti : “non combinerai mai niente di buono!”, dicevano. E anche lui, alla fine, aveva finito per perdere fiducia in se stesso e nei genitori che non lo stimavano. In effetti, dice, “a scuola ero un somaro”.

Così Alberto smette presto di studiare e trova lavoro come operaio in una fabbrica di legnami. Ma il caratteraccio non gli giova e la cosa non dura. Poi, solo lavoretti saltuari. La famiglia lo sostiene per un po’ ma sono tempi duri per tutti e a 58 anni è sulla strada: la sua “casa”, di notte, è la Stazione S. Giovanni, di giorno il Centro Diurno della Caritas; per i pasti ci sono le mense, la colazione la porta Don Roberto con la sua unità di strada, e poi ci sono i ragazzi di Legàmi che ti scaldano il cuore; a Porta Aperta ti danno i buoni doccia e tanti consigli.
Quelli ormai ha imparato ad ascoltarli, come ascolta Cecilia che nel 2015 era ancora Responsabile del Centro Diurno.

Ecco, forse Cecilia è la prima persona che gli riconosce delle abilità e gli propone di diventare venditore di “Scarp de’tenis”, il mensile della strada “che dà voce e opportunità di reinserimento a persone senza dimora o emarginate”. E’ così che la parabola discendente si ferma e Alberto torna a galla bruciando le tappe: si guadagna un letto all’Ozanam e un progetto di sostegno al reinserimento sociale, consegue il diploma di assistente familiare allo IAL e ottiene l’attestato HCCP per poter operare in cucina. Trova anche il tempo e la voglia di offrirsi come volontario al Centro Diurno e in altri servizi della Rete.

Alberto è diventato riflessivo, paziente, tollerante, affidabile e quando, sul finire del 2015, apre il Piccolo Tetto Ozanam, gli offrono un regolare contratto di lavoro e gli affidano tanti compiti, perché tante sono le cose che sa fare. Prosegue anche la sua attività di volontariato al Centro Diurno: è lui il responsabile del servizio  lavatrice del mercoledì.

E’ grato per aver avuto ancora una chance, per essersi riconquistato la capacità di sostenersi, per aver ritrovato la fiducia in se stesso e nel prossimo, per l’opportunità di tessere tante relazioni e rapporti di amicizia. Ha solo il grande rammarico di aver sprecato tanto tempo e non aver costruito una famiglia.
“Non sono stato fortunato ma non do colpe a nessuno, anche io ci ho messo del mio. La vita mi ha insegnato ad ascoltare e sono contento di come sono cambiato, le mie giornate sono piene, sono in pace con me stesso”.

Bravo Alberto, che bella persona sei!

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